Parliamo sempre di lavoratori subordinati, finendo troppo spesso di scordarci che è un momento difficile anche per i numerosi lavoratori autonomi: co.co.co., occasionali e quelli che lavorano con Partita Iva (professionisti e autonomi tradizionali).
L’art. 16 del d.l. del 2 marzo 2020 aveva previsto per tutti i lavoratori delle vecchie “zone rosse” il diritto ad una indennità mensile di euro 500,00 per massimo 3 mesi. Difficile credere che questa disposizione venga estesa adesso a tutto il territorio nazionale poiché sarebbe molto costosa.
Il rischio per i lavoratori autonomi
Nei rapporti di lavoro autonomo i rischi cadono dunque sul lavoratore.
Vediamo cosa si può fare per limitare i danni dovuti a questa pandemia da Covid-19.
Regola numero uno: lavoratore e committente devono attenersi ai principi di correttezza e buona fede, ognuno dunque deve salvaguardare anche la posizione dell’altro.
Ricordiamoci che i lavoratori autonomi sono obbligati a un risultato (esempio, la consegna di una relazione contabile, l’elaborazione di dati, ecc.), quindi non sono legati a vincoli di tempo e luogo e possono lavorare con modalità compatibili con le prescrizioni imposte in questo momento dal Governo.
Lo smart working
A differenza dei lavoratori subordinati, dunque, non è necessario l’accordo tra lavoratore e datore per svolgere il lavoro in smart working, ma è direttamente il lavoratore che lo propone al committente.
Il compenso
Nel caso in cui invece la prestazione del lavoratore divenga in parte impossibile (art. 1464 c.c.), il lavoratore avrà comunque diritto ad un compenso ridotto, ma attenzione: il committente potrà recedere dal contratto se non ha interesse a ricevere una prestazione parziale.
Se invece il committente non può ricevere la prestazione per causa a lui non imputabile (ad esempio, chiusura dell’azienda per sua scelta e non perché impostogli dalla legge o al di fuori dei casi di impossibilità oggettiva) il lavoratore ha diritto a ricevere il compenso per intero.
Lavoro subordinato mascherato da autonomo
Se un autonomo che si trova in questa condizione dovesse essere lasciato senza lavoro e corrispettivo, potrà sempre contestare la forma contrattuale adottata dal committente e chiedere le tutele applicabili ai subordinati.
Ci riferiamo in modo particolare ai collaboratori le cui modalità di lavoro sono per lo più organizzate dal committente e per le quali la legge prevede la tutela e la disciplina del lavoro subordinato (art. 2 del d.lgs. 81/15).
Pensate per esempio ai riders di Foodora e alla loro vittoria in tutti i gradi di giudizio.
La cosa apre a nuovi scenari: se un’azienda sospende l’attività per l’emergenza sanitaria e chiede la cassa integrazione per i lavoratori subordinati, lasciando a casa gli autonomi, questi ultimi potrebbero pretendere le stesse tutele o un risarcimento equivalente.
Sono certa che ne vedremo delle belle!
Avv. Annarita Bove
Dottore di Ricerca in Diritto delle Relazioni di Lavoro – Università di Modena e Reggio Emilia – Fondazione M. Biagi